I Lampadieri

In questa notte scura, qualcuno di noi, nel suo piccolo, é come quei "lampadieri" che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all'indietro, appoggiata sulla spalla - con il lume in cima. Così, il "lampadiere" vede poco davanti a sè - ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri. Qualcuno ci prova. Non per eroismo o narcisismo, ma per sentirsi dalla parte buona della vita. Per quello che si é. Credi.

Tom Benetollo

domenica 27 gennaio 2013

Telecom : Stagnazione contrattuale


Alla vigilia dell’importante ripresa delle trattative per il rinnovo del CCNL (31 gennaio e 1 febbraio), postiamo il Comunicato Sindacale unitario della Lombardia in quanto riteniamo condivisibili le analisi e le riflessioni in esso contenute sul rinnovo del CCNL e lo stato di Telecom:

La stagnazione nella quale versa il RINNOVO del CCNL delle telecomunicazioni, con
l’interruzione della trattativa nel mese di dicembre 2012, sta generando tra i dipendenti delle
aziende del settore non poco malcontento. Il CCNL è scaduto da più di 12 mesi.
Fermo restando l’impegno delle Organizzazioni Sindacali Slc-cgil, Fistel-cisl, Uilcom-uil per
superare gli ostacoli frapposti dalle controparti datoriali (Asstel-Confindustria), auspichiamo, in
tempi brevi, la risoluzione della problematica “clausole sociali”, invitando le imprese a non irrigidire
il confronto, soprattutto a fronte dell’atteggiamento di grande apertura mostrato durante la trattativa
dalla delegazione sindacale che ha cercato di venire incontro alle tante ed in alcuni casi pesanti
richieste aziendali sui diversi temi della normativa.
Il percorso d’azione individuato dalle Segreterie Nazionali Slc-cgil, Fistel-cisl, Uilcom-uil nel
comunicato del 19 dicembre 2012 ci trova pienamente d’accordo: confidiamo che a breve si riesca
a ricomporre il tavolo, se necessario anche c/o il Ministero del Lavoro. Se cosi non fosse, entro il
mese di gennaio 2013, calenderizzeremo in tutte le Aziende del settore, a livello territoriale
assemblee sull’ argomento condividendo con i lavoratori l’ eventuale apertura delle procedure per il
blocco delle prestazioni accessorie (straordinari, reperibilità, lavoro programmato) in attesa di una
riunione specifica a Roma per ulteriori iniziative di lotta. È necessario infatti evitare che il
prolungamento dei tempi porti tutte le società di TLC ad avere mano libera.
Il prossimo 7 febbraio il CdA di Telecom Italia presenterà infatti il piano industriale per il
prossimo biennio. Non ne conosciamo ovviamente i dettagli ma, basandosi su quanto emerso fino
ad ora, si può già dire che l’impatto di tale piano sulle lavoratrici e i lavoratori di Telecom sarà
devastante. Basti pensare alle linee guida degli interventi previsti, anticipate dall’azienda stessa
nei mesi scorsi. Ad aprile l’azienda aveva manifestato l’intenzione di spostare centinaia di
lavoratori da vari settori ad altri. Le OO.SS avevano chiesto di avere visibilità del piano industriale
allo scopo di poter valutare concretamente se tali spostamenti potessero essere funzionali alla
salvaguardia dei livelli occupazionali. La risposta di Telecom fu di comunicare un piano di tagli dei
costi tra i 600MLN e il miliardo di euro e l’annuncio di tre tavoli tematici di approfondimento
rispettivamente sui reparti di IT, Customer e Staff. Di lì a breve la situazione è precipitata, causa
soprattutto la complessa vertenza per il rinnovo del CCNL e la quasi totale interruzione delle
relazioni industriali, e di tale percorso di confronto si è persa traccia.
L’unico tavolo che si è svolto è stato quello relativo ai reparti di IT. Tale tavolo si è risolto
nella mera comunicazione aziendale alle OO.SS dei propri intendimenti senza nessuna reale
volontà di confronto. E la conclusione è stata la cessione di più di 1000 lavoratori a SSC (poi
rinominata Telecom Italia IT). Il secondo tavolo, quello sui Customer, non si è mai realizzato.
Telecom ha proceduto invece unilateralmente alla creazione di una divisione, Telecom Italia
Caring, inserendovi tutti i Customer, il CSA e la DA, più tutte le strutture aziendali che lavorano nel
supporto e nella gestione di tali reparti. Una vera e propria azienda di 13000 persone all’interno di
Telecom. Fino a quando tale Divisione resterà tale e soprattutto dentro Telecom? Oppure verrà
scorporata, ceduta, esternalizzata definitivamente? E chissà cosa ha in mente l’azienda per lo
staff, teoricamente oggetto dell’ultimo dei tavoli di confronto annunciati e mai convocati.
Sicuramente nulla di buono.
Nel frattempo non c’è reparto o ufficio cui l’azienda non abbia già messo mano, o stia per
farlo. E pare sia solo l’inizio. A conferma, si rileggano le dichiarazioni rilasciate da Presidente e
Amministratore Delegato a seguito della presentazione dei risultati finanziari. I due chiarirono che
era in corso di completamento il piano di tagli di cui sopra che avrebbe diminuito il costo del lavoro
nel suo complesso andando, tra le altre cose, a intervenire sull’allocazione del personale sul
territorio (leggi razionalizzazione/chiusura di sedi e/o accorpamento di reparti con relativo
massiccio spostamento di personale).
L’azienda, nel frattempo, trincerandosi dietro scuse formalmente corrette ma
sostanzialmente inconsistenti, ha negato il riconoscimento ai lavoratori di un importo premiale che
sostituisse il PdR in questa fase di transizione, tagliando così in modo rilevante le retribuzioni.
Inoltre, a dimostrazione che la situazione è difficile ma non drammatica, ha distribuito premi ad
personam, per giunta a fronte d’interventi limitati e non sufficienti sul lato dei riconoscimenti
professionali.
In questo mosaico intricato s’inserisce la tesserina più importante: il futuro della Rete. La
questione è di straordinaria rilevanza e dal suo esito dipendono l’esistenza stessa di Telecom Italia
e il mantenimento complessivo dei livelli occupazionali. Addensando nubi minacciose anche su
quella parte dell’azienda, Open Access, che a oggi sembrerebbe meno soggetta a rischi concreti.
Di sicuro c’è che dopo anni di chiacchiere finalmente il Paese si doterà di una ’Agenda
Digitale’, sforzandosi di portare internet veloce su tutto il territorio nazionale. Le soluzioni
organizzative, normative e tecnologiche disponibili sono molteplici, ma la nuova Rete, se non altro
per radicamento e diffusione sul territorio, si realizzerà solo a partire e intorno alla Rete di
Telecom. Da qui la disputa in corso sul probabile scorporo. Tale discussione, cui le OO.SS non si
sottrarranno portando il loro contributo e le proprie proposte, si svolgerà probabilmente su tavoli
diversi da quelli sindacali, ed è dovere del Governo e delle istituzioni disegnare il futuro di un asset
strategico per lo sviluppo economico, industriale, sociale e culturale del Paese.
Scelte politiche e non solo imprenditoriali fatte in passato, hanno portato Telecom ad avere
un livello d’indebitamento tanto elevato da impedirle di fatto investimenti e progetti di ampio respiro
che avrebbero permesso all’azienda di sviluppare la Rete di nuova generazione.
Preme ribadire solo un concetto ma imprescindibile: È assolutamente necessario che la
discussione su come portare avanti questo doveroso progetto produca scelte che sappiano
conciliare gli interessi del Paese a quelli dei circa 60mila dipendenti del Gruppo, garantendo il
mantenimento dei livelli occupazionali e la salvaguardia delle condizioni di lavoro, nell’immediato
ed in prospettiva. Non c’è più spazio per operazioni puramente finanziarie e speculative.
Telecom Italia si fermi.
Le Segreterie Regionali e le RSU di Telecom Italia Slc-cgil, Fistel-cisl, Uilcom-uil 
chiedono a Telecom di bloccare subito tutti i progetti di riorganizzazione, di cambio di orari, di
spostamento di risorse.
Per questo nei giorni scorsi si è deciso di non partecipare a tavoli relazionali territoriali che
affrontavano temi di per sé rilevanti: la riorganizzazione dell’azienda deve essere affrontata ma nel
suo complesso, in un’ottica di rilancio a lungo termine e non di tagli che rispondono solo a
esigenze immediate di cassa, politica questa che ha portato Telecom a perdere fette di mercato,
non certo a migliorare la situazione. Le condizioni del Paese e del settore sono oggettivamente
difficili ma l’azienda, con i risultati ottenuti e gli atteggiamenti tenuti (vedi la distribuzione di premi),
ha dimostrato di avere ancora ampi margini di manovra.
Si convochi immediatamente un tavolo di confronto che metta al centro il futuro
complessivo dell’azienda, e intorno al tema centrale della Rete affronti tutti gli interventi
organizzativi necessari a conciliare il nuovo scenario nel mercato delle Tlc con la
salvaguardia dei posti di lavoro, delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro.
Nei prossimi giorni avranno luogo le assemblee dei lavoratori e in mancanza di un segnale
di reale volontà di confronto da parte dell’azienda, le OO.SS chiederanno il mandato ai lavoratori

giovedì 10 gennaio 2013

Chi ha paura dei referendum? un milione di firme raccolte dai referendum sul lavoro


Che paradosso.  Si parla e straparla  di apertura alla società civile, si propagando  primarie presunte rigeneratrici della politica, si evoca l'era della democrazia tramite social network... e poi quando si tratta di rispettare il voto popolare (si pensi solo ai referendum  per l'acqua pubblica od anche a quello contro il finanziamento dei partiti) o di permettere la libera espressione  tramite voto, si fanno letteralmente carte false per imbrogliare il popolo sovrano.

E' il caso dei referendum sul lavoro (lottoperildiciotto): questi referendum (che ricordiamo miravano a ripristinare l'art.18 gravemente colpito dalla Fornero e ad abolire l'art.8 del decreto Sacconi sulla derogabilità di leggi e contratti che tutelano il lavoro) hanno abbondantemente superato la soglia di validità del mezzo milione di firme raccolte. Praticamente del doppio! Un milione. 
Peraltro tantissime firme sono state raccolte grazie all'impegno (assolutamente trasversale per quanto riguarda appartenenze e sensibilità politiche) di tanti delegati della categoria, a cui va ancora tutto il nostro ringraziamento. Purtroppo il nostro  lavoro rischia di essere vanificato: le firme infatti non possono essere depositate a Camere sciolte. Sarebbe bastato, come formalmente richiesto dal Comitato Promotore, qualche giorno di attesa nello scioglimento delle Camere per onorare quella partecipazione popolare  cui, a parole e spesso a sproposito,  tutti si richiamano. Ma evidentemente per questo Ceto "politico", il lavoro non è più il baricentro costituzionale della nostra Repubblica.
La nostra lotta però non si ferma, il Comitato referendario ha annunciato ricorso alla Corte Costituzionale. Inoltre sappiamo quali forze hanno appoggiato e quali avversato questi referendum, ed a febbraio cercheremo di dare ad ognuno il suo giusto salario.

Strada piena di insidie anche per il referendum consultivo contro il finanziamento pubblico alla scuola privata che si terrà a Bologna il 26 maggio prossimo:  nel Comitato Promotore c'è anche la Cgil, con la categoria di riferimento per la Scuola, la Federazione Lavoratori della Conoscenza. Nonostante il  quesito sia chiaro, chiedendo che  i finanziamenti del Comune di Bologna privilegino le scuole pubbliche,  anche in questo caso il il Ceto "politico" ha fatto un grande polverone. Da un lato vuole farci credere che "privato paritario" e "pubblico" pari sono sul piano delle garanzie di laicità, democrazia, pluralismo e gratuità; peccato che l'art. 33 della Costituzione  dica chiaramente che i "privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato" mentre le spese del comune di Bologna ai privati raggiungono il milione di Euro  ed invece (o per l’appunto) la scuola pubblica non ha nemmeno i soldi per la carta igienica; dall'altro invocano come alibi l'emergenza delle centinaia di bambini che rimangono fuori dalle liste per la scuola pubblica, ma questa è una "emergenza" che è stata scientificamente programmata e che sarà sempre più alimentata dalla distrazione di fondi dalle suole pubbliche a quelle private.
Contro tutti i distruttori di Beni Comuni, sapremo costruire una grande giornata di partecipazione, per quella domenica del 26 maggio…

 

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